Quando acquistiamo un vasetto di pesto al supermercato, siamo abituati a fidarci del peso indicato sull’etichetta. Dopotutto, quella cifra dovrebbe dirci esattamente quanto prodotto stiamo portando a casa. Ma una parte significativa di quel peso non corrisponde affatto al pesto che spalmete sulla pasta, bensì a olio di copertura che finisce spesso nello scolatoio o nel lavandino. La normativa europea consente ai produttori di includere nella quantità netta dichiarata anche i liquidi di governo, sollevando interrogativi legittimi sulla trasparenza verso il consumatore finale.
Il peso che non c’è: quanto pesto c’è davvero nel vasetto
Tecnicamente non si tratta di una pratica illegale, ma il meccanismo merita di essere compreso a fondo. Prendiamo un esempio concreto: un vasetto da 190 grammi può contenere effettivamente solo 130-140 grammi di pesto vero e proprio, mentre i restanti 50-60 grammi sono costituiti da olio di conservazione. Test di laboratorio condotti nel 2022 hanno rilevato che su vasetti da 190 grammi di pesto genovese commerciale, il peso sgocciolato medio si attestava intorno ai 132 grammi, con l’olio di copertura che rappresentava dal 25% al 35% del peso totale. Questo significa che state pagando per quasi un terzo di prodotto che probabilmente non utilizzerete mai.
Il problema non risiede tanto nella presenza dell’olio di copertura, che svolge una funzione conservativa legittima, quanto nella percezione distorta che il consumatore sviluppa al momento dell’acquisto. Quando confrontiamo i prezzi tra diverse proposte sullo scaffale, basiamo le nostre scelte proprio sul peso dichiarato, assumendo che si tratti interamente di prodotto edibile. Studi recenti evidenziano come il 68% dei consumatori ignori completamente la presenza dell’olio di copertura nel pesto, portando a sovrastime del valore percepito del 20-30%.
Il vero costo del pesto: calcoli sorprendenti
La questione diventa ancora più spinosa se consideriamo il prezzo al chilogrammo. Calcolando il costo effettivo del solo pesto, escludendo l’olio di copertura, potremmo scoprire che stiamo pagando cifre decisamente superiori a quelle che immaginavamo. Analisi recenti su pesto commerciale mostrano prezzi al chilogrammo sgocciolato che possono raggiungere i 45 euro, contro i 25-30 euro del peso totale dichiarato, con un incremento medio del 40%. In un periodo in cui l’inflazione pesa sui bilanci familiari, questa differenza non è affatto trascurabile.
Per altri prodotti conservati in liquido, come tonno, legumi o verdure, la normativa impone l’indicazione del peso sgocciolato accanto alla quantità netta totale. Questo permette al consumatore di sapere esattamente quanto prodotto solido sta acquistando, escludendo il liquido di governo. Nel caso del pesto, invece, questa doppia indicazione raramente compare. Report della Commissione Europea confermano che solo il 5% dei prodotti riporta volontariamente il peso sgocciolato, mentre per la maggioranza dei vasetti questa informazione rimane nascosta. Il risultato è un’asimmetria informativa che penalizza chi acquista, impedendo confronti realmente attendibili tra prodotti diversi.
Come difendersi: strategie pratiche per l’acquisto consapevole
Esistono alcuni accorgimenti che possiamo adottare immediatamente per non farci trovare impreparati di fronte allo scaffale del supermercato. Prima dell’acquisto, esaminate il contenuto attraverso il vetro. Se notate uno strato consistente di olio nella parte superiore o lungo i bordi, è probabile che la quantità di pesto effettivo sia inferiore al peso totale dichiarato. Test comparativi hanno dimostrato che vasetti con uno strato d’olio superiore al centimetro avevano un peso sgocciolato inferiore del 15% in media rispetto a quelli con meno olio visibile.

Verificare la lista ingredienti
Gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di peso. Se l’olio compare tra i primi posti, significa che costituisce una percentuale rilevante del prodotto totale. Un pesto di qualità dovrebbe avere il basilico o gli ingredienti caratterizzanti nelle prime posizioni. Questa semplice verifica richiede pochi secondi ma può fare una grande differenza nella scelta finale.
Confrontare formati e tipologie diverse
- I formati più grandi talvolta presentano un rapporto più favorevole tra pesto e olio di copertura. Test su formati da 190 grammi contro quelli da 500 grammi mostrano una percentuale di olio del 28% nei primi contro il 22% nei secondi
- Alcune varianti refrigerate potrebbero contenere meno liquido di governo rispetto a quelle a lunga conservazione. Il pesto fresco contiene mediamente il 10-15% di olio contro il 30% di quello pastorizzato
Cosa potrebbe cambiare: prospettive normative
Le associazioni dei consumatori stanno sollecitando da tempo un intervento normativo che obblighi i produttori a dichiarare anche il peso sgocciolato del pesto, equiparando questa categoria ad altri prodotti conservati in liquido. Petizioni e interrogazioni parlamentari sono state presentate al Ministero della Salute per estendere l’obbligo di indicazione del peso sgocciolato anche alle salse. Una maggiore armonizzazione delle regole di etichettatura alimentare garantirebbe trasparenza uniforme indipendentemente dalla tipologia di conserva.
Alcune realtà produttive, anticipando possibili evoluzioni normative e rispondendo a una crescente domanda di chiarezza, hanno già iniziato a fornire spontaneamente questa informazione aggiuntiva. Si tratta di segnali incoraggianti che dimostrano come la pressione dei consumatori informati possa effettivamente influenzare le pratiche commerciali.
L’importanza di leggere oltre i numeri grandi
Le etichette alimentari sono progettate anche da esperti di marketing, che sanno perfettamente quali elementi catturano l’attenzione e quali passano inosservati. Il peso netto viene quasi sempre evidenziato con caratteri grandi e ben visibili, mentre informazioni potenzialmente meno favorevoli restano confinate in caratteri minuscoli. Studi di neuromarketing sulle etichette mostrano che il 75% dei consumatori fissa il peso netto per primo, ignorando spesso la lista degli ingredienti.
Sviluppare un approccio critico alla lettura delle etichette significa andare oltre le informazioni più appariscenti per scavare nei dettagli che fanno davvero la differenza. Nel caso specifico del pesto, questo significa non fermarsi al peso totale ma chiedersi quanto di quel peso corrisponda effettivamente al prodotto che finirà nel piatto. La tutela dei consumatori passa anche attraverso piccoli gesti quotidiani: dedicare qualche minuto in più alla lettura consapevole delle etichette rappresenta un investimento che si traduce in acquisti più vantaggiosi e in un rapporto più equilibrato con chi produce e vende alimenti. Solo consumatori informati possono stimolare un mercato più trasparente e rispettoso.
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